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Indirizzo: Via Manzoni, 2, Santa Giusta (OR)
Sopra un’elevazione del terreno all’entrata dell’abitato sorge maestosa e imponente la Basilica di Santa Giusta, una tra le maggiori chiese romaniche della Sardegna e certamente una delle più belle.
Non si conosce nè il fondatore nè l’architetto di questa, ma si suppone che la sua costruzione sia stata finanziata dai Giudici sardi, coloro che solitamente contribuivano all'erezione di questi sacri edifici.
La Cattedrale fu costruita tra il 1135 e il 1145. Di forme sostanzialmente pisane (si noti dalle somiglianze con il duomo di Pisa), ma con decisi influssi lombardo-arcaici (come la partitura della facciata e il presbiterio sopraelevato), servì come modello per le forme di una serie di chiese dei territori vicini.
La struttura della chiesa non ha subito rimaneggiamenti attraverso i secoli della sua storia è quindi conservata nella sua bellezza originaria, a parte le due cappelle del lato sud-orientale costruite nel XVII sec. la cappella del Rosario e dello Spirito Santo.
La prima è completamente affrescata con delle rappresentazioni di panneggi purpurei che incorniciano un crocifisso. Nella medesima cappella è presente anche un retablo ligneo, datato 1700, recentemente restaurato dove sono rappresentati San Domenico, San Francesco, Santa Chiara e San Daniele; nella nicchia centrale è custodita la statua lignea di Sant’Antonio da Padova. L’immagine di Sant’Antonio è riproposta anche sul soffitto (anch’esso affrescato) con la tipica iconografia dello Spirito Santo che incombe fra i due putti. In questa cappella si trovano anche le tombe di Domenico Casula e Chiara Deidda, probabilmente gli stessi finanziatori della cappella.
La seconda cappella, quella dello Spirito Santo, è più spoglia, ma presenta sul soffitto un grande affresco dell’Arcangelo Gabriele, che probabilmente è rappresentato, data l’iconografia con giglio in mano, nell’istante dell’Annunciazione.
La cattedrale si sviluppa con un impianto longitudinale a tre navate, con due ordini di colonne, sette per parte.
La navata centrale, conclusa con un'abside orientata, è più alta delle altre, ed ha una copertura con capriate lignee, mentre le navatelle sono coperte con volte a crociera senza partizioni di archi trasversali.
Nel 1898 fu rafforzata la navata sinistra con tiranti in ferro e si tolse il deturpante intonaco interno, mentre nel 1922 furono raddrizzate quattro colonne del lato sinistro che si erano inclinate. Tanto le colonne quanto i capitelli sono antichi e sono di diversa mano e di diversa epoca, non vi è dubbio che siano stati presi da antichi edifici romani, forse di Tharros. Tutti i capitelli sono di ordine corinzio, composito e ionico, ma non tutti della stessa finezza di lavoro.
Le colonne, la maggior parte monolitiche, che sostengono le arcate sono tutte di marmo vario salvo tre che sono di granito. La quarta a destra è di marmo bianco scanalato, dove in passato appoggiava il pulpito rimosso presumibilmente a fine ‘800.
Nella Basilica il cambiamento di ordine nei capitelli dei colonnati lungo le navate, sottolinea il passaggio alla zona presbiterale, vediamo infatti che sulla quarta colonna di entrambi i lati, a partire dall’ingresso, due capitelli ionici interrompono la serie continua di capitelli corinzi, salvo due elementi compositi da considerare tipologicamente affini. Anche nel presbiterio si ha la stessa situazione, con due file di tre colonne con capitelli corinzi, salvo il terzo sulla destra che è anch’esso composito.
Nella Basilica si distinguono otto capitelli corinzi in marmo e uno in calcare, tre capitelli compositi in marmo, e due capitelli ionici in marmo.
Tra i capitelli indicati, quello sulla sesta colonna nella navata sinistra a partire dall’i ngresso principale e del tipo corinzio asiatico, ad una sola corona di foglie di acanto spinoso che si toccano con le estremità, generando tra foglia e foglia quattro figure geometriche irregolari(una losanga, un rettangolo, un triangolo e un rombo). Simile a quest’ultimo è quello che si trova sulla quinta colonna nella navata sinistra a partire dall’ingresso principale. Sulla prima colonna nella navata sinistra dall’ingresso principale abbiamo un tipico capitello islamico che consta di una doppia fila di foglie d’acanto stilizzate, con estremità ricurve, sormontata da un fregio di pseudo-palmette stilizzate, da una sorta di tondino e da una treccia.
Nella cripta abbiamo due capitelli corinzi in calcare e cinque compositi a foglie lisce, poi abbiamo un capitello ionico, in marmo bianco cristallino che funge da base ad una delle colonne.
Nella cripta è possibile osservare un pluteo marmoreo rinvenuto in recenti lavori di restauro della Chiesa che risale alla fase terminale dell’alto medioevo (VIII e XI sec. d.C.), decorato con un motivo geometrico a bassorilievo, rappresentato da un cerchio nel cui centro se ne intersecano altri quattro. Da tale intersezione ha origine un intreccio fitto e regolare a formare serie di piccole figure geometriche perfettamente uguali e simmetriche.
Il presbiterio largo quanto le tre navate, è sopraelevato di ben sette gradini rispetto al piano della chiesa, per la presenza della cripta interrata soltanto per metà, e abbraccia le ultime tre campate. Originariamente, era isolato e nel 1847, l’Arcivescovo Saba lo distrusse per farvi una balaustrata di marmo, distrusse altresì, l’altare di legno dorato con il suo maestoso tabernacolo adornato di nicchiette dov’erano collocate tante altre statuette in legno dorato.
La cripta, articolata in quattro navatelle voltate a crociera, occupa un terzo del corpo della Chiesa, cioé tutta la parte del presbiterio, la volta è sostenuta da sei colonne nane di marmo, le quali sono state ricavate tagliando altre colonne provenienti da antichi edifici, simili a quelle che sostengono le mura delle navate superiori.
Vi sono tre altarini, uno si trova di fronte alla scala di accesso alla cripta, dove attualmente sono collocate le reliquie delle Sante, Giusta, Giustina ed Enedina, l’altro nella parete sinistra adiacente all’ingresso, dove si trova la Pietà de “ Is Perdonanzas”, e infine l’altare presente al centro del lato sinistro della cripta.
Non ci sono dubbi che questo sotterraneo sia stato forse la prima chiesa in cui si celebravano i divini misteri, testimoniato dalle numerose terrecotte figurate rinvenute verso la fine del secolo scorso nel sagrato della Cattredale, questo ci fa pensare che in età punica, verso il IV-III sec. a.C., vi fosse localizzato un tempio dedicato a Demetra, dea del grano e dei raccolti, e a sua figlia Kore.
La facciata costruita in conci d’arenaria chiara, come tutto il resto della chiesa, proveniente dalle cave del Sinis, è nobilmente severa con il suo spartito in corrispondenza alla navata centrale e tripartita da una grande arcata risalente sino alla modanatura orizzontale sotto il timpano. L’arcata centrale poggia su due lunghissime lesene che partono dal basso e si raccordano alle paraste angolari con due arcate minori.
Essa inquadra un bel portale pisano i cui stipiti sono sormontati da due leoni di marmo bianco, nel pilastro della parte destra vi è scolpito un leone che divora un porco, al lato sinistro poi un altro leone che divora un capriolo; simboli che si scolpivano nelle porte delle Chiese del medioevo per indicare la vittoria del Vangelo sopra l’eresia.
Sopra l’architrave di marmo un arco di scarico delimita una lunetta ribassata che porta una croce di basalto. Sopra questo arco di scarico si apre una grandiosa e grandissima trifora che fa filtrare una luce diffusa nell’interno austero e solenne.
Il frontone privo di decorazioni è diviso in tre spazi da due lesene. In quello centrale compare un’apertura a rombo incavato a gradoni, di pura derivazione pisana. Ai lati del portale sono poste due colonne romane tronche, di spoglio.
I due ordini delle fiancate sono decorati con arcate romane pensili a gola dritta sostenute a due a due da lunghe lesene. Sul lato lungo settentrionale, in corrispondenza della quarta campata della navatella laterale sinistra si apre un ingresso secondario dotato di un timpano in basalto nero che, insieme ad alcuni conci dello stesso materiale incastonati a varie altezze sulla stessa fiancata, ne attenuano appena il monocromatismo. Le arcatelle dell’elegante abside semicircolare sono divise in cinque spazi e impostate su esili colonnine incastrate nel muro.
Un piccolo campanile a vela a due monofore sovrastava fino al 1860 il muro orientale della navatella di sinistra.
Attualmente nella parte posteriore della chiesa sorge un campanile ultimato nel 1908 su progetto di Dionigi Scanu.